venerdì 21 giugno 2013

Effetti collaterali


"L'avete sentita?!" 
"No, che cosa?" 
"C'è una scossa!"
Un secondo, forse meno per rendermi conto che la tenda stava oscillando come il bacino di una ballerina hawaiiana e così pure la mia incasinatissima scrivania. Ops, anch'io. 
Uly, la mia estroversa quanto sensibile collega, ha iniziato ad agitarsi: lei che abita in montagna il terremoto l'aveva sentito ancora martedì - non oso pensare a chi stava guardando in tv l'esorcista...-  e non aveva dormito la notte (e poi ditemi che le due scosse non sono collegate, dai, ditemelo!). 

La paura, l'ansia, la strizza insomma, ha contagiato presto anche noi altre tre che cercavamo inutilmente di rassicurarla "È finita, è finita... passata... vedi?", anche se mentre lo dicevamo non ne eravamo del tutto convinte: si trattava più di un'opera di auto convincimento, un karma per non farci venire un infarto al lavoro. Incredibile come chi ti sta intorno riesca a fare la differenza: agitare o calmare. Chissà perché anche terminata la scossa mi sentivo come se avessi bevuto troppi Spritz (nel mio caso ne bastano due): ubriaca. 

Inutile, al terremoto non ci si abitua mai. 
E così un tranquillo venerdì mattina (quasi noioso, ma evidentemente era la quiete prima della tempesta), è diventato schizofrenico. 
Meglio essere allegramente imbranate come me, e non accorgersene: l'inconsapevolezza è molto meglio (altre volte ci puoi rimettere la pelle, ma per fortuna non è il nostro caso...). Sta di fatto che come in un film mi sono ricordata di tutti i terremoti vissuti nelle mia vita, ultimo quello dell'anno scorso (e per la cronaca, ero nel mantovano, quella notte).

Posto che la scossa non era come quella dell'anno scorso, e nemmeno come quelle che vediamo registrate dalle telecamere a circuito chiuso negli uffici in Giappone, la paura c'è stata.
Un'altra volta, come in un remake.
 Niente danni, una scossetta da niente, in fondo, qui nel veronese. Ma è quello che percepiamo che fa la differenza, e che l'idea che quello che è accaduto possa ripetersi. Ti scatta qualcosa in testa. Non è un'anomalia, è la natura umana, il nostro istinto, che ci mette in allerta in caso di pericolo, basandosi sulle esperienze vissute.
E quando balla la terra sotto i tuoi piedi c'è poco da fare: l'istinto, quello primordiale oltre al personale vissuto, si scatena, perché il pericolo è reale. 

Per rendersene conto basta andare nel mantovano o in Emilia: interi paesi che, non poco lontani da noi, lo sanno bene e ne portano ancora le cicatrici.


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