giovedì 13 marzo 2014

Girl power

Cosa cambierebbero davvero le quote rosa?
Servirebbero a cambiare la mentalità di chi in azienda, se hai 30 anni e magari ti stai anche per sposare, preferisce assumere un collega maschio? Tra l'altro manco dicendolo apertamente (ovvio), ma anzi giustificando la scelta con mille altre scuse (deboli quanto ridicole)?
Aiuterebbero a creare asili aziendali, a lavorare in condizioni adeguate perché le donne, da che mondo e mondo che ci piaccia oppure no, fanno figli (e magari pure li crescono pure)?
Le quote rosa possono servire a dare alle donne - politiche e non - la possibilità di lavorare ad armi pari tanto quanto i colleghi maschietti, nonostante le differenze - ed esigenze - biologiche (v. alla voce "allattamento", "gestazione" e "parto", oltre a "figlio da andare a prendere all'asilo perché ha la febbre")? 
Servirebbero a non confondere disparità con differenza (se mi dicono che sono uguale ad un uomo inzio a preoccuparmi)?
Le quote rosa servirebbero a non giudicare una bella donna che fa carriera a non essere considerata (sì, anche dalle stesse donne) quella che "sicuramente l'ha data"? O magari, solo a farle cambiare idea la mattina davanti all'armadio, optando per una bella gonna colorata sopra il ginocchio anziché castigati pantaloni, solo per non sembrarlo agli occhi dei colleghi maschi, una che "sicuramente l'ha data"?
Servirebbero a farla sorridere di più, ad essere più dolce se lo vuole, cosa che spesso non fa solo per dimostrare di valere tanto quanto un uomo?
Le quote rosa cambierebbero davvero le cose per le donne, tutte, anche le libere professioniste che se-lavori-guadagni-sennò-ciccia?

Ai posteri l'ardua sentenza. Perché a me, francamente, il dubbio resta (ma sarebbe così bello se quote rosa riuscissero a fare tutte queste cose...)