martedì 1 settembre 2015

Sulla pelle di chi?

Chi specula sulla pelle di chi? Questa è la domanda più sensata, dopo il duplice omicidio nel catanese in cui due anziani coniugi, Vincenzo Solano (68 anni) e Mercedes Ibanez (70), sono stati assassinati durante una rapina nella loro casa. Per due telefonini. Il presunto omicida è un 18enne straniero, ivoriano (ma se fosse eskimese non farebbe differenza): la polizia ha fermato Mamadou Kamara, da neanche due mesi in Italia, ospitato in un centro per richiedenti asilo. 
Richiede asilo, ma uccide.
Chi specula sulla pelle di chi? è la domanda più sensata a margine delle polemiche che stanno facendo litigare i partiti: colpa dello Stato, dice una parte, dopo aver ascoltato il grido di accusa della figlia delle vittime Rosita Solano; speculazione per una manciata di voti, dice quell’altra.
Chissà perché, ma ho come l’impressione che se quel diciottenne fosse bianco, fosse italiano, tutti si scandalizzerebbero e si spiegherebbero in ampi dibattiti dall’alto valore morale. Giusto. Tutto lecito e tutto dovuto: la società deve interrogarsi su se stessa, per essere davvero civile.

Ma in questo caso, non lo fa. Peggio, lo fa solo una parte politica, sfociando nel litigio migranti/non migranti e non arrivando a conclusioni. Come se facesse qualche differenza la violenza, come se trovasse una giustificazione a seconda della nazionalità e del colore della pelle e dello "status".
Ecco perché non è speculazione sui morti, ma è un problema sociale, presente da tempo, e chi lo nega facendosi scudo con tristi battaglie moraliste è un vigliacco. 
La libertà, diceva Oriana Fallaci, prima che un diritto è un dovere. Ecco perché lo Stato ha il dovere di garantire in primis la libertà fondamentale, che è quella di vivere, certamente a chi arriva, ma in primis a chi già c’è, rispetta le leggi, paga le tasse (che poi servono anche per finanziare i centri di accoglienza, o no?).

Servono misure che sorveglino chi arriva in questo –come in qualsiasi altro – Stato nei centri di accoglienza, se ne ha il diritto, senza essere lasciato a se stesso: e non è ghettizzare, è avere cura. Dare un’identità, non solo effettiva, ma anche morale. Servono misure per i centri di accoglienza: tempi massimi di permanenza più stretti e al di là di questi, un sistema di integrazione virtuoso: impiegando le persone in lavori socialmente utili finché non trovano un’occupazione e insegnando loro i valori comuni che questa Nazione condivide. Tra cui quello di non uccidere. 
Lo si fa partendo dalla cultura, l’ingrediente principale per ogni democrazia. Che deve essere reciproca. Nonostante la differenza di religione. Di tradizione, di valori. Di pelle, di provenienza.
Chi specula sulla pelle di chi?