lunedì 14 ottobre 2013

Zumba-pensiero

La Zumba l'hanno inventata per dimagrire, tonificare e nello stesso tempo divertirsi. Ora, io ringrazio chi se l'è inventata, aveva tutte le migliori volontà, accidenti. Tuttavia la triade dimagrire-tonificare-divertirsi è piuttosto azzardata.
By the way, tutto sommato non è male. Anzi, io mi sono pure esaltata quando hanno messo a tutto volume Blurred Lines (tra l'altro, non capisco perché questa canzone "non rispetta la dignità femminile". Ci si dovrebbe indignare quando vieni a sapere che ti escludono a priori per un lavoro perché sei donna e con il ciclo, non per una canzone ammiccante).
Dicevo, con Blurred Lines ti esalti anche, e inizi a seguire le mosse ancheggianti e saltellanti dell'instancabile istruttrice. E sì, entri nel Zumba-pensiero, e ti piace, il sangue pompa veloce nelle vene, il tuo corpo si risveglia, i tuoi muscoli guizzano, ti senti come mai prima. Viva, in forma, persino felice di sudare (!?!). Ti senti anche bella, e il ritmo latino ti fa sentire un po' come Jennifer Lopez, anzi, di più, come Belèn (che è sempre un mito irraggiungibile).

Poi, fai il drammatico errore: ti volti e ti vedi allo specchio.

Quell'immagine riflessa con i rotolini non può essere la tua: ti eri messa anche i pantaloni neri, lunghi e larghi, perché il nero smagra! E perché invece di saltare come Jennifer Lopez sembri un'antilope fatta di crack?
E allora non ci credi, dev'essere lo specchio che ha qualche problema. Poi ti guardi bene in faccia e ti accorgi che invece sei proprio tu.
È allora che scatta l'effetto Bridget Jones e saltelli ancora più in alto, allo stremo delle forze, al limite dell'arresto cardiocircolatorio sempre dietro l'angolo, visto che il principio base della Zumba è non fermarsi mai (e urlare di tanto in tanto, per esorcizzare il collasso imminente).

La lezione finisce, sei sempre tu, con i tuoi rotolini. Il miracolo Zumba non si è ancora manifestato e tu non assomigli a Belen e neanche a J.Lo. Magari, dopo la prossima lezione...

venerdì 4 ottobre 2013

Europa che?

Una delle regole del giornalismo è "fa più rumore un morto sotto casa che cento morti dall'altra parte del mondo", su per giù.
Bene, i morti a largo di Lampedusa stavolta sono 111 (per ora), e l'Italia non è esattamente "dall'altra parte del mondo". Stavolta (perché non è la prima volta), pare che l'Europa l'abbia per lo meno ammesso. Magari non capito, ma almeno ammesso (a parole: i fatti sono un'altra cosa) 
Orrore, tragedia, vergogna. Ce ne sono tante, di definizioni adatte.
Io la chiamo ignavia. Quella di un'Europa dei mercati e dello spread - ma non dei popoli - che non guarda in faccia le persone, neanche i morti. Europa che?
Non sono per la politica di "rimandiamoli indietro", ma l'accoglienza deve esserci se si può garantire loro il minimo di qualcosa. Organizzare un sistema che funziona, dall'accoglienza, all'integrazione nella società, dall'abitazione al lavoro. E non solo in Italia: da qui il loro presente deve ripartire, per diventare futuro, nel nostro paese o in un altro. 
Non è sufficiente rinchiudere questa gente in centri per l'immigrazione per mesi, per poi metterli su un treno e recapitarli come pacchi postali nelle varie città italiane: non è quello che cercano, non è quello che vogliamo. Ci rimettono loro (quando qui ci arrivano vivi), e ci rimettiamo anche noi.