martedì 9 dicembre 2014

07.12


Stazione di Verona Porta Nuova, ore 07.12. 
Ormai è quasi un rito, alzare lo sguardo e trovarli lì: piace vederli così. Immaginarli così. Giovani accalcati in libreria. Magari, anzi, quasi sicuramente, lì ad aspettare sia ora di andare a prendere il bus che li porterà a scuola, dopo essere arrivati con il treno da qualche paese della provincia. Magari su, al primo piano, c'è una tv e i libri non interessano, magari è solo perché c'è un divanetto comodo. Ma sono lì. Non su una panchina, non in un bar, non in un fast food che anche a quest'ora in stazione è aperto. Sono lì, hanno scelto di essere lì. Queste prime ore rubate al mattino, prima che tutto inizi come ogni giorno, il sonno e le pieghe sul viso del cuscino svaniscono in mezzo ai libri di poesia e di letteratura. Romanzi di avventura o gialli, imprese epiche e storie d'amore. Mi piace pensare che una mattina o l'altra uno di loro addocchierà un libro che leggerà e gli lascerà qualcosa, cambiando un po' di se stesso, perché quando leggi un libro non sei più quello che eri prima, ti lascia sempre qualcosa. O forse, è già successo. È poetico, iniziare la giornata così, no?

lunedì 24 novembre 2014

La prima donna sulla Luna

20 luglio 1969, primo uomo sulla Luna. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità. Ma io nel ’69 ancora non c’ero: avrei dato chissà che cosa, ma sarei arrivata 12 anni più tardi. Quell’attimo storico nella mia vita l’ho poi inseguito nei film, nelle pagine dei libri di storia, tra quelle riproposte dai giornali in occasione dell’anniversario. La mia stanza era tappezzata, oltre che di poster di Brad Pitt, anche di stelle, pianeti, e una dettagliata mappa del suolo lunare.

23 novembre 2014, prima donna italiana nello Spazio: Samantha Cristoforetti dalla rampa di lancio è stata proiettata nell’infinito, destinazione stazione spaziale, dove per la missione Futura rimarrà per 6 mesi.
Saremo anche “abituati” a vedere razzi che partono alla volta stellare, bruciando chili e chili di carburante per sfuggire alla stretta della gravità. Ma questa volta è un’altra cosa. Su quella navicella spaziale c’è una donna, un’italiana. Eravamo preoccupati per lei, sperando andasse tutto bene, quando la Sojuz si è staccata da terra, invece in barba all’emozione e forse a un pizzico di (umana) paura ci ha salutato guardando dritta nella cam e ha sorriso, mentre il pupazzetto si godeva ancora un po’ la propulsione. Un urto, un sussulto, forse un po’ di stupore: Samantha è in orbita.
E questa volta, a differenza dell'allunaggio del '69 posso dirlo: c’ero. Samantha Cristoforetti è così la mia “prima donna sulla Luna”. Mi viene un po’ in mente Sandra Bullock in Gravity, Jodie Foster in Contact. Tutto vero, però, stavolta.

Sam intanto si lascia letteralmente alle spalle il mondo. Chissà se le mancherà: io scommetto di sì. Ma per lei ci sarà l’incredibile: albe al confine della Terra e l’immensità di quel pezzetto di Universo su cui ha una poltrona in prima fila e che per noi sembra sconfinato, ma in realtà è infinitesimale. Di certo, noi non ci dimenticheremo di quel sorriso e di quel coraggio. 

venerdì 5 settembre 2014

Stay Curvy, Be Happy

Ieri ho pubblicato la foto della torta pere e (molto) cioccolato che ho fatto con le mie manine. "Be' cosa c'è, è una torta alla frutta", ho scritto. Affermazione che considero assolutamente in linea con la realtà. Hashtag: #cosedacurvy, usato spesso dalla top model e scrittrice Elisa d'Ospina, che ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere personalmente: Elisa da anni conduce battaglie per sdoganare il principio base di una moda malata - copiato dalle ragazzine che modelle non sono - per cui per essere belle bisogna essere magre, che poi è un attimo a diventare dei cadaverini ambulanti. E grazie al suo libro Una vita tutta curve ci sta riuscendo.

Una cara amica, Laura, che è sempre stata senza peli sulla lingua e di questo la ringrazio, ha commentato dicendo che io non sono Curvy, e quei sillogismi lasciali a noi culone".
Allora ci ho pensato un po' su. Posto che la ringrazio per aver ridimensionato i miei fianchi, sì, ha ragione: forse non sono proprio una curvy mozzafiato.

Siamo portati a etichettarci da soli, quando non lo fa la società.
Usciamo dagli stereotipi, quindi, quando possiamo: ci braccano ovunque. Anche sul Pirelli vedremo una Curvy, la burrosa Candice Huffine, e a chi dice "mio dio, è obesa, vuoi mettere Kate Moss?", io rispondo: guardate più in là del peso sulla bilancia e della taglia dei pantaloni. Ho capito che i gusti son gusti, ma vogliamo darci un aiutino? Questa Candice è bella o no? Sì, lo è. 
E se ci pensiamo bene - occhio che qui si va sul filosofico, forse serve un drink - è la stessa bellezza che trasuda Kate Moss, quella sicurezza e imposizione sfacciata del proprio essere. Perché allora un modello va bene e l'altro no? Perché la questione "taglia" è sempre così importante?
Taglia, numeri e centimetri. Diete al limite della malnutrizione, oppure nutrizione abbondante che diventa un problema di salute. Forse dimentichiamo che la prima cosa è rispettarci e avere rispetto per la propria fisicità. In ogni singolo caso.

Credo che essere Curvy sia la parola magica che oggi ci permette di puntare i piedi e reclamare la propria bellezza di fronte agli stereotipi striminziti che hanno comandato da Twiggy ad oggi. In una parola, vuol dire essere se stesse. Qualsiasi numero portiamo sul retro dei pantaloni.

martedì 12 agosto 2014

Addio, mio Capitano

Ho sentito più o meno la stessa sensazione, quando morì Lady D: una specie di pallina ghiacciata che piomba da non so dove tra stomaco e cuore. Sarà che sono diventata pseudo adulta, e capisco forse un po' di più la fragile bellezza della vita.
Io, anno 1981, come tanti miei coetanei, sono cresciuta con Robin Williams, trovato morto oggi a 63 anni nella sua casa a Tiburon, in California: anche se Mork&Mindy sono leggenda, e io proprio non me li ricordo, da Mrs Doubtfire in avanti invece è un'escalation. Facevo fatica a capire La leggenda del Re pescatore: vederlo a dieci anni, vi assicuro che è un film di un certo spessore. Ma mi colpì allora come nei film successivi la sua empatia, la capacità di essere un attore così vicino, anche se dall'altra parte dello schermo: un cresciuto Peter Pan in Hook, capitan Uncino, esilarante in Piume di struzzo, avventuroso in Jumanji, e via così, fino a quel favoloso Attimo fuggente. Troppo struggente Al di là dei sogni: non riesco a reggerlo, soprattutto oggi è troppo, e finisco sempre in lacrime, stile cascate del Niagara.

Su facebook sono travolta da un'ondata di commozione: foto pubblicate, video. Blob che ripercorrono la sua carriera, le scene cult.
E poi ci sono i soliti imbecilli, che minimizzano dicendo "beh, e io che non arrivo a fine mese?", oppure se ne escono con frasi senza senso sulla depressione, perché fortunati loro non sanno forse cos'è. È sempre così: qualcuno ci deve sempre insegnare cosa sentire, cosa provare e mettersi in mezzo a rovinare tutto. 

Ma anche le uscite peggiori ci danno gli spunti per riflettere: cosa rende così vicini a noi divi del cinema, personaggi pubblici, cantanti famosi? Perché uno deve "stare male", dispiacersi come fosse successo a un conoscente (possiamo dirlo?), quando muore Lady D o Michael Jackson? Fanno parte di quella schiera di "divi", gente che non vedremo mai, gente che non sa nemmeno che esistiamo, e il fatto che esistiamo a loro non cambia una virgola. 
Perché è la magia di quello che fanno in vita e che ci hanno donato, signori miei. Dell'EMOZIONE che ci fanno - anche oggi - provare, dei sorrisi che ci regalano, della passione che ci infondono. Di quello che ci insegnano. Un libro può cambiare le nostre vite, perché non può farlo un film?

C'è un filo diretto che ci collega a loro, e oggi a lui, Robin Williams, il prof che ho sempre sognato. A senso unico? Forse, ma forse anche no: sono i nostri mille sensi unici che rendono a queste persone il dono a doppia faccia della celebrità, che da una parte ti fa sentire un dio dall'altra ti schiaccia. Siamo noi a renderli celebri, divi, famosi. Belli, buoni, cattivi, dittatori, eroi o demoni.

Miseri noi, che non capiamo la bellezza della vita, fino in fondo, fino all'ultimo. Paradossalmente, perché pare che di suicidio si tratti, lo diceva proprio Robin Williams, in una delle sue interpretazioni più toccanti, l'Attimo Fuggente: il professor Keating, il "mio capitano, ho mio capitano", che forse ha cambiato la vita - magari solo un briciolo - a tutti noi. A me sicuramente: "carpe diem, cogliete l'attimo. Perché? Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi. È strano a dirsi, ma ognuno di noi in questa stanza un giorno smetterà di respirare, diventerà freddo, e morirà". 
Oggi, e come accade ad ogni lutto, ad ogni addio a qualcuno a cui vogliamo bene, nonostante le distanze, nonostante le differenze, Robin ci ripete la lezione, ucciso dal suo male oscuro che non gli ha dato vie d'uscita.

Vivete la vostra vita. 

Se ascoltiamo con attenzione, chiudendo gli occhi, restando in silenzio, riusciremo a sentirlo sussurrare alle nostre orecchie, con quel suo sguardo visionario e geniale: "Carpe diem...cogliete l'attimo, rendete straordinaria la vostra vita". 
Qualunque cosa accada.


mercoledì 4 giugno 2014

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio

Tangentopoli: la riscossa. Il Mose, quel sistema che dovrebbe salvaguardare Venezia dall’acqua alta e dall’inabissamento, ha portato invece a galla grazie al lavoro della Procura di Venezia presunte tangenti e appalti; concussione corruzione e riciclaggio i reati ipotizzati. Sono un centinaio gli indagati e 35 gli arrestati, tra cui l'insospettabile (questa davvero è stata una sorpresa) sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (ai domiciliari), e c’è una richiesta di custodia cautelare per l’ex governatore della Regione Veneto Giancarlo Galan, tra gli altri ( essendo un senatore bisogna chiederlo alla Camera). E gli altri in questione non sono personaggi da poco, ma imprenditori e il generale in pensione Emilio Spaziante. Della serie non-solo-Expo (e chissà cos'altro, perché ormai mi aspetto di tutto). Insomma, non facciamoci mancare nulla, per carità.

Ora, dopo i tweet e le condivisioni su fb che perdureranno per tutto il giorno e forse per tutta la settimana, dopo le telefonate agli amici più assennati per commentare la notizia-bomba, un briciolo di onestà: davvero ci si aspettava che il sistema ‘ripulito’ dopo le inchieste, i processi, le manette di tangentopoli (quella degli anni ’90) fosse stato redento? Mi viene in mente un vecchio detto: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ecco, qui c’è la prova. La differenza tra teoria e pratica la fanno sempre i fatti: quelli che oggi leggiamo sulle prime pagine (on line) dei maggiori quotidiani, locali e nazionali.
Mi chiedo se davvero dovremmo stupirci, di fronte a tutto questo. Forse, dovremmo solo essere sollevati sia finalmente ‘scoppiato il bubbone’. Ma stupiti no.
Le prove non le avevamo, ma l’odore lo sentivamo: sotto colletti inamidati e dietro scrivanie in noce il marcio si aggirava invece tra un palazzo della politica all’altro, con la faccia pulita del pubblico (come se la res publica fosse sigillo di garanzia per l'integrità), fino a spingersi tra le strade e tra la gente che conta, in altri palazzi, meno politici – ma politicizzati - quelli che fanno girare i soldi, tanti soldi.

Il sistema non è scomparso, è solo mutato, si è evoluto, facendosi più furbo, più astuto, cambiando le sue regole, le sue prassi. Ma arrivando sempre a fare quello che vuole.

venerdì 16 maggio 2014

Mille Miglia, tra mito e trash

La Mille Miglia ha sempre un suo fascino, che è un fascino tutto particolare. È elettrizzante, oserei dire sexy, vedere sfilare le auto d’epoca tirate a lucido, sfolgoranti nonostante gli anni accumulati, gioielli roboanti e ancora vogliosi di macinare chilometri e sfidare la sorte e le capacità dei loro piloti. La “corsa più bella del mondo”, passata proprio ieri sera a Verona, è ancora oggi un richiamo di fascino, uno spettacolo senza tempo che seduce e incanta, una sfilata di classe e di glamour su quattro ruote, una lezione storia e di vita.
Si sentono, nell’aria e nella notte, sotto una luna piena che sta a guardare e le illumina come un riflettore, curiosa spettatrice anche lei, le eco di queste vecchie glorie che non hanno nessuna intenzione di ritirarsi a vita privata in qualche garage a ricoprirsi di polvere e sogni lasciati andare.


Finché, nel bel mezzo di corso Porta Nuova, tra una lucidissima Abarth del ’49 e un’Alfa Romeo spider del ‘32, appena passate al cospetto della millenaria Arena, si infilano loro, imbucate in una festa di cui mai riceveranno il bramato invito.
Fiat punto nera truzza, carrozzeria raso terra e alettone. Ci ho messo un po’ a riconoscere il modello. Si presume che il proprietario burino abbia più volte esagerato, sbancando Bep’s, o abbia chiamato il dott. Frankestein a fare un lavoretto, dati i pezzi non suoi cuciti addosso. C’è anche una fascia di luci ultraviolette, che spuntano da sotto il muso. Gli dà gas. Spompa e sgomma, come se la corsa fosse solo per lui.

Penso di aver avuto un’allucinazione. O forse è il vento pungente che mi sta procurando una strana forma di congiuntivite connessa a una sorta di delirio neuronale. Chissà.
Intanto mi godo la gara. Chissà se Jermy Irons è già passato, a bordo della sua Jaguar XK 120 Lightweight del 1950.

Ma ad un tratto sento una musica, con bassi potenti provenire da lontano, che si avvicina, sempre più alta, a coprire il rombo degli inconfondibili motori della Mille Miglia. L’orgoglio tamarroide non teme il freddo, né il vento: una jeep (modello indefinito), gira e rigira scoperchiata con due ragazze sul sedile dietro in canotta, che con tutta probabilità oggi staranno scontando la sfrontatezza sul wc (spero) di casa loro. Passano e ripassano, tutte gasate e orgogliose di avere le luci della ribalta anche per loro. Di godere, per qualche attimo, della notorietà. A seguire, torna la Fiat Punto truzza, e sgomma a gran velocità sul corso Porta Nuova, per raggiungere, per toccare anche lei, il mito. L’esibizione del trash si fonde con lo chic, e mi sembra un film dell’orrore, come se i personaggi del Grande Fratello fossero sul set di un film anni '50 con Grace Kelly, o come se la top model Cara Delavigne sfilasse alla sagra degli arachidi, prima dei balli di liscio dove si sfogano gli anziani.


Dentro di me, un’unica certezza: c’è e ci sarà sempre chi può e chi non può. Ma chi fa dell'Italia un siparietto, sarà solo chi mai non potrà e farà sempre di tutto per potere.


domenica 13 aprile 2014

Spot System

In principio fu Gerard Depardieu. Lui che ci aveva già conquistato, interpretando un moderno Cyrano de Bergerac, quel goffo che però sotto sotto c’è di più. Ebbene, è stato un pioniere, spalancando a sua insaputa la strada allo star-spot system che magari in Italia ci va in vacanza e già che c’è chiude qualche contrattino per girare spot. Con il suo accento un po’ così, la voce profonda e la camicia bianca -  occhio al sugo -, grazie a Depardieu la pasta al pomodoro diventò poesia. Eccerto, perché ci voleva un francese per capire che Rita Pavone aveva ragione. 

E fu così, che la strada fu segnata. Perché se lo dicono loro, che arrivano da Oltralpe - meglio ancora se da Oltreoceano - allora deve essere proprio vero, deve essere proprio il top. 

Lo sa bene Antonio Banderas: tolta la mascherina di Zorro è diventato il più amato dalle casalinghe italiane. C’è chi dice che no, Banderas mugnaio l’appeal l’ha perso tutto. Fatto sta che tra un Flauto e una Macina, in compagnia di Rosita - la gallina più longeva della storia della tv, seconda solo al pappagallo di Portobello -, è ormai da ‘mo il testimonial dei famosi biscotti. Anzi, adesso che ci penso… altro che Depardieu, il vero pioniere è stato lui: ve lo ricordate nel 1996 in versione tangueiro, con la biondissima Valeria Mazza, a sfilarle i collant? Io sì: ero ancora minorenne, ma già apprezzavo.

Oh, squilla il cellulare: è Mika che vuole cantarmi Stardust. La star internazionale ultimamente ha fatto l’en plein: ha prestato il suo volto a pubblicità della telefonia, e anche per le offerte di abbonamento di una nota piattaforma televisiva.

A quel punto la domanda è sorta spontanea. Ma organizzano dei pullman? O dei voli privati, se proprio. Tipo: volo+hotel+spot?
La certezza l’ho avuta tutta d’un botto, quando in una sola sera, vegetando davanti alla tv dopo una lezione massacrante di Zumba, ho visto un doppiatissimo Kevin Costner alle prese con tonno e grissino, e Shakira che con il waka waka e qualche kilata di yogurt scaccia l’incubo della stitichezza e ci regala l’effimera illusione di un ventre piatto sopra i 32 anni. Senza Zumba, solo yogurt.

Poi, proprio quando pensavo che l’invasione delle star fosse finita, cambio canale e chi ti trovo? Owen Wilson, quello di Tu, io e Dupree, quello di Ti presento i miei (l’eterno ex di lei, quello perfetto), quello di… cos’altro ha fatto? Be’, lui. Quel biondino ha soffiato il posto al povero Gorilla di Trastevere, inneggiando vitaminico all’analcolico biondo che fa impazzire il mondo. Potrei prendermela un po’ meno se il Gorilla fosse stato rimesso in libertà nella foresta, ma non credo più ai lietofine.

C’è uno spot system là fuori. Un complotto, sicuramente, contro la crisi: grazie alle aziende che dalla crisi vogliono uscirci e investono. E lo fanno ingaggiando la star. Perché in tempi in cui si piangono vacche magre, si fa spending review, si taglia il personale e non si assumono stagisti che ci credono fino all’ultimo alla storiella del merito, loro cosa fanno?

Sono lontani i tempi di Carmensita, della vecchietta di Ace e di tutti quei personaggi non famosi, ma che la fama l’hanno raggiunta a suon di réclame, entrando in punta dei piedi nella nostra quotidianità e diventando giorno dopo giorno un volto familiare. 
Il futuro oggi è hollywoodiano.

P.S.: Uhhh dimenticavo George e le capsule per il caffè… Ma che volete che ci faccia? Lui mi piace più di Banderas…

giovedì 13 marzo 2014

Girl power

Cosa cambierebbero davvero le quote rosa?
Servirebbero a cambiare la mentalità di chi in azienda, se hai 30 anni e magari ti stai anche per sposare, preferisce assumere un collega maschio? Tra l'altro manco dicendolo apertamente (ovvio), ma anzi giustificando la scelta con mille altre scuse (deboli quanto ridicole)?
Aiuterebbero a creare asili aziendali, a lavorare in condizioni adeguate perché le donne, da che mondo e mondo che ci piaccia oppure no, fanno figli (e magari pure li crescono pure)?
Le quote rosa possono servire a dare alle donne - politiche e non - la possibilità di lavorare ad armi pari tanto quanto i colleghi maschietti, nonostante le differenze - ed esigenze - biologiche (v. alla voce "allattamento", "gestazione" e "parto", oltre a "figlio da andare a prendere all'asilo perché ha la febbre")? 
Servirebbero a non confondere disparità con differenza (se mi dicono che sono uguale ad un uomo inzio a preoccuparmi)?
Le quote rosa servirebbero a non giudicare una bella donna che fa carriera a non essere considerata (sì, anche dalle stesse donne) quella che "sicuramente l'ha data"? O magari, solo a farle cambiare idea la mattina davanti all'armadio, optando per una bella gonna colorata sopra il ginocchio anziché castigati pantaloni, solo per non sembrarlo agli occhi dei colleghi maschi, una che "sicuramente l'ha data"?
Servirebbero a farla sorridere di più, ad essere più dolce se lo vuole, cosa che spesso non fa solo per dimostrare di valere tanto quanto un uomo?
Le quote rosa cambierebbero davvero le cose per le donne, tutte, anche le libere professioniste che se-lavori-guadagni-sennò-ciccia?

Ai posteri l'ardua sentenza. Perché a me, francamente, il dubbio resta (ma sarebbe così bello se quote rosa riuscissero a fare tutte queste cose...)