20 luglio 1969, primo uomo sulla Luna. Un piccolo passo per
l’uomo, un grande passo per l’umanità. Ma io nel ’69 ancora non c’ero: avrei
dato chissà che cosa, ma sarei arrivata 12 anni più tardi. Quell’attimo storico
nella mia vita l’ho poi inseguito nei film, nelle pagine dei libri di storia,
tra quelle riproposte dai giornali in occasione dell’anniversario. La mia
stanza era tappezzata, oltre che di poster di Brad Pitt, anche di stelle,
pianeti, e una dettagliata mappa del suolo lunare.
23 novembre 2014, prima donna italiana nello Spazio:
Samantha Cristoforetti dalla rampa di lancio è stata proiettata nell’infinito,
destinazione stazione spaziale, dove per la missione Futura rimarrà per 6 mesi.
Saremo anche “abituati” a vedere razzi che partono alla
volta stellare, bruciando chili e chili di carburante per sfuggire alla stretta
della gravità. Ma questa volta è un’altra cosa. Su quella navicella spaziale
c’è una donna, un’italiana. Eravamo preoccupati per lei, sperando andasse tutto bene, quando la
Sojuz si è staccata da terra, invece in barba all’emozione e forse a un
pizzico di (umana) paura ci ha salutato guardando dritta nella cam e ha sorriso,
mentre il pupazzetto si godeva ancora un po’ la propulsione. Un urto, un
sussulto, forse un po’ di stupore: Samantha è in orbita.
E questa volta, a differenza dell'allunaggio del '69 posso dirlo: c’ero. Samantha Cristoforetti è così la mia “prima donna sulla Luna”. Mi viene un po’ in mente
Sandra Bullock in Gravity, Jodie Foster in Contact. Tutto vero, però, stavolta.
Sam intanto si lascia letteralmente alle spalle il mondo. Chissà
se le mancherà: io scommetto di sì. Ma per lei ci sarà l’incredibile: albe al
confine della Terra e l’immensità di quel pezzetto di Universo su cui ha una
poltrona in prima fila e che per noi sembra sconfinato, ma in realtà è
infinitesimale. Di certo, noi non ci dimenticheremo di quel sorriso e di quel
coraggio.