sabato 20 aprile 2013

Cambiare

Potrei parlare di quanto sia desolante questo scenario di politica agonizzante (Pd allo sfacelo, destra pure ormai da un pezzo, con il maschio Alfa Berlusconi che non molla; e i grillini-strillini che sono un muro di gomma contro cui rimbalza anche il buonsenso, tra le altre cose). Politici corrotti e impegnati a proteggere i loro interessi, che sono la vera vergogna di un paese in cui chi veramente questo Pese lo fa, paga e basta: gli italiani, con neanche mille euro di stipendio al mese, se uno stipendio c'è (e se il lavoro c'è). Ce ne sarebbero molte, di cose da dire.
Ma non sono un'esperta del settore, non c'è niente di più lontano da me della politica, quindi sono l'ultima a poter/dover parlare. Consiglio a tutti però di dare una letta all'editoriale di Mario Calabresi su La Stampa di oggi, il "mio" giornale. Un'analisi attenta, che aiuta a farsi un'idea non di parte.

Invece di commentare quando sia deprimente la situazione dopo la tempesta di ieri, vorrei guardare un po' più in là. E lo faccio citando uno il cui QI era un tantino al di sopra del mio. Perché penso che in fondo, a volte, anche i temporali più violenti siano necessari.
Da qualche tempo è diventato il mio personale mantra:


"Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi (anche nei partiti, ndr) è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere 'superato'.

"Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. LA VERA CRISI È LA CRISI DELL'INCOMPETENZA. L'inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia di cercare soluzioni e vie d'uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine. Una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. È NELLA CRISI CHE È ERGE IL MEGLIO DI OGNUNO, PERCHÈ SENZA CRISI TUTTI I VENTI SONO LIEVI BREZZE. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. FINIAMOLA UNA VOLTA PER TUTTE CON L'UNICA CRISI PERICOLOSA, CHE È LA TRAGEDIA DI NON VOLER LOTTARE PER SUPERARLA.

A. Einstein.

mercoledì 10 aprile 2013

Spam

Ieri, nella redazione de La Stampa, a Torino, è stato recapitato un pacco sospetto, un busta senza bolli né mittente. Come già saprete avendo letto dalle cronache e ascoltato nei tg si trattava di una busta bomba. Che solo per caso o per fortuna, almeno così pare, non è esplosa. L'innesco non ha funzionato, nel momento dell'apertura.
Io non sono una dipendente de La Stampa, non sono neanche una loro corrispondente. Sono solo una collaboratrice, una "piccola" free lance come ce ne sono tanti. Ma non so perché ho pensato subito ai colleghi, quando ho letto la notizia. Anche se sono una libera professionista senza fissa dimora, molti di loro li conosco, ci ho a che fare ogni giorno e ogni giorno queste persone lavorano per portare l'informazione a casa della gente, una buona informazione. Per questo sento quasi se la cosa toccasse, in un certo senso, anche me. Il mio pensiero subito è andato a loro, alle loro reazioni, a come devono essersi sentiti, posto il pericolo che hanno corso. È come se avessero toccato qualcosa che appartiene al mio mondo, con un gesto codardo e vigliacco che, come scrive Massimo Gramellini nel Buongiorno di oggi, non avrebbe colpito la Casta o i Poteri, ma avrebbe potuto far perdere una mano o un occhio a una persona con due figli, una casa, un mutuo.

Altri episodi simili sono accaduti negli ultimi mesi, oltre al caso de La Stampa ieri e ad altra "posta indesiderata", recapitata a un'agenzia investigativa di Brescia. Non voglio pensare a un gruppo organizzato dietro, anche se mi fa più paura un gruppo che non lo sia. Quello che penso ora è che quelle buste potrebbero innescare qualcosa di ugualmente pericoloso, nel cuore delle persone (impiegati, giornalisti): la paura. Non si dovrebbe andare al lavoro e aver paura di aprire la posta, non si dovrebbe tornare a casa e sentirsi fortunati di non averla aperta, o che 'grazie al cielo stavolta almeno non e scattato l'ordigno e non mi è saltata la mano', non si dovrebbe pensare cosa è stato fatto di così grave da indurre qualcuno a odiare (solo odio può portare a questo, e l'odio non porta mai a nulla) una persona, o un gruppo di persone, o chi le rappresenta: giornali, Enti. Non in un Paese civile, almeno. Ma a volte, viene il dubbio che il nostro effettivamente non lo sia.


lunedì 8 aprile 2013

Vinitaly show

Vinitaly 2013, anche quest'anno non me lo sono fatto mancare. E dire che sembrava solo ieri che facevo l'hostess ai tempi dell'Università (mi ricordo ancora che la sera andavo a letto e sognavo di lavare-asciugare bicchieri: un incubo).
Come quella volta che chiacchierando Luigi, il buon Luigi nello stand dove davo una mano, mi diede la dritta. Parlava di come la Germania avvicinasse sempre più la data della sua manifestazione vinicola alla nostra. Ti pare che me ne sto con le mani in mano? Io?? Allora ho passato tutta la pausa pranzo (tipo un quarto d'ora) nello sgabuzzino dello stand (tipo 1 metro per 1 metro), sommersa di scatoloni, bottiglie e bicchieri. Stretta in un angolino a scrivere e a telefonare ai piani alti dell'immensa macchina fieristica Veronese. Lì, da uno sgabuzzino. È divertente pensarci, soprattutto perché il pezzo il giorno dopo era l'apertura: schiaffo della Germania al Vinitaly, più o meno.

Di cose divertenti ne potrei raccontare molte altre. Che so, come negli anni più che Vinitaly fosse Ubriachitaly: ho assistito a scene in cui ragazzi in divisa dotati di piccoli ma efficienti kart elettrici trasportavano parecchi visitatori messi letteralmente ko dal tasso alcolemico eccessivamente alto. Quest'anno grazie al cielo non pare essere così: le date della fiera, tanto per cominciare, non terminano con il weekend ma iniziano di domenica. All'inizio di qualcosa si è sempre più rigidi (avete presente la differenza tra il primo giorno di scuola e l'ultimo?). E poi il prezzo del biglietto: neanche un alcolista pagherebbe tanto per entrare. Il che probabilmente era proprio nelle intenzioni della direzione.

Al Vinitaly anche quest'anno tanti bei personaggioni, a cominciare da Antonella Clerici, che ha presentato i vini del centenario del festival lirico, che iniziò il 10 agosto 1913 con l'Aida di Verdi.
Ma la sorpresa è stata nello stand del progetto VIVA. Parlo col titolare, che mi dice come il progetto sia stato promosso anche dal ministero dell'ambiente. "Toh, c'è il Ministro...". E mi ritrovo una accia più che nota: "piacere, Corrado". Clini in carne e ossa, rilassato dopo l'impegnativa giornata tra conferenze e inaugurazioni (e magari dopo qualche assaggio). Si concede alla mia videointervista. Sereno, tranquillo. Non gli faccio paura, non sono Santoro. Non ancora, almeno...



































sabato 6 aprile 2013

Non ci resta che piangere

Anna Maria e Romeo. Marito e moglie, lei 68 anni, lui 62, vivevano a Civitavova, nelle belle Marche. Vivevano, perché assieme, come lo erano da una vita, hanno deciso di suicidarsi. E con loro, a farla finita è stato anche il fratello di lei, Giuseppe, che non ha retto alla notizia.
Una tragedia dei giorni nostri, come se ne sentono tante, troppe. Ma sono anche vite sulla coscienza di chi comanda. Perché non sarebbe successo se non fossero stati abbandonati dallo Stato "stretti in una tenaglia mortale", come ha detto un vicino e come racconta La Stampa di oggi http://www.lastampa.it/2013/04/06/italia/cronache/civitanova-in-lutto-per-i-coniugi-suicidi-e-i-parenti-contestano-le-istituzioni-MGs8hFS3ibmcywER6AM4gJ/pagina.html.

Romeo, con la crisi nell'edilizia, aveva deciso di non arrendersi: aveva aperto partita iva, cercava di lavorare, voleva lavorare. Ma i contributi erano troppi, non riusciva a far fronte alle spese.
Sessant'anni, non venti o trenta, che al massimo puoi sperare che le cose vadano meglio, se non altro hai quella, la speranza. Quella di un futuro migliore.
Ma a sessant'anni no, pensi (pensi di sperare) solo a vivere bene gli anni che ti rimangono. E mentre sentiamo chi (come la Fornero) commenta 'addolorata' "hanno sentito troppo forte il peso della crisi", io mi chiedo: ma con che coraggio?

Io conosco i sessantenni di oggi, la stessa età dei miei genitori: gente con una dignità, che è cresciuta scrivendo a carta e penna e con la cultura della "bella scrittura", senza iPhone Tablet o altro. È gente che "tutto, ma i debiti no". Gente nata nel dopoguerra, cresciuta a pane e onestà, dove ci si metteva i vestiti della cugina, che a sua volta li aveva ereditati dalla sorella. Gente che l'Italia l'ha fatta con le proprie mani, tirandosi su le maniche, non a spread. Gente che i sacrifici erano all'ordine del giorno. Gente che ha avuto la fortuna di vedere come si stava prima che venisse alla luce tutto questo letame in cui siamo oggi e accumulato dagli anni 80 e forse anche da prima, questo vortice paradossale, un agghiacciante teatrino dell'assurdo e che continua ad autoalimentarsi grazie a chi è al potere e non fa quello che dovrebbe fare, grazie all'indifferenza.
Massimo Gramellini su La Stampa ha scritto un Buongiorno (che non è per nulla buono) esemplare, che vi invito a leggere: http://www.lastampa.it/2013/04/06/cultura/opinioni/buongiorno/la-realta-schiaffeggia-il-potere-gvchvFl22oirjM9cZEyfIL/pagina.html

Chi fa le leggi le modifichi, è lì per quello. Roba da Medioevo quella che stiamo vivendo oggi a livello istituzionale e politico in Italia. Dove addirittura si dice una cosa e il suo contrario, senza giungere a niente. Mi aspetto che chi oggi è al potere (ops, scusate, sarà al potere), si sbrighi a fare qualcosa. Gli converrà, sicuro. Altrimenti sarà difficile tirare su tasse (e soldi per i loro stipendi e pensioni d'oro) da chi giace sei metri sotto terra, schiacciato da una realtà senza senso, contraddittoria, infelice specchio dei tempi di quest'Italia ormai neanche più ridicola.