venerdì 4 ottobre 2013

Europa che?

Una delle regole del giornalismo è "fa più rumore un morto sotto casa che cento morti dall'altra parte del mondo", su per giù.
Bene, i morti a largo di Lampedusa stavolta sono 111 (per ora), e l'Italia non è esattamente "dall'altra parte del mondo". Stavolta (perché non è la prima volta), pare che l'Europa l'abbia per lo meno ammesso. Magari non capito, ma almeno ammesso (a parole: i fatti sono un'altra cosa) 
Orrore, tragedia, vergogna. Ce ne sono tante, di definizioni adatte.
Io la chiamo ignavia. Quella di un'Europa dei mercati e dello spread - ma non dei popoli - che non guarda in faccia le persone, neanche i morti. Europa che?
Non sono per la politica di "rimandiamoli indietro", ma l'accoglienza deve esserci se si può garantire loro il minimo di qualcosa. Organizzare un sistema che funziona, dall'accoglienza, all'integrazione nella società, dall'abitazione al lavoro. E non solo in Italia: da qui il loro presente deve ripartire, per diventare futuro, nel nostro paese o in un altro. 
Non è sufficiente rinchiudere questa gente in centri per l'immigrazione per mesi, per poi metterli su un treno e recapitarli come pacchi postali nelle varie città italiane: non è quello che cercano, non è quello che vogliamo. Ci rimettono loro (quando qui ci arrivano vivi), e ci rimettiamo anche noi.


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